30 set 2007

Riflessioni domenicali

Naegleria fowleri è il nome di un'ameba in grado di uccidere un uomo in due settimane.
E si tratta, come si può leggere in questo articolo di (re)ThinkAmerica, di una storia che ricorda certa filmografia horror. Il parassita penetra attraverso il naso dell'ospite, raggiungendone il cervello.
Al momento il tasso di sopravvivenza è del solo 3%, anche a causa della velocità con cui la malattia porta alla morte.
L'habitat ideale in cui si può contrarre l'infezione sono le acque calde e tranquille di alcuni laghi degli Stati del Sud negli Us, tra cui la mia adorata Arizona.
Il riscaldamento climatico potrebbe, secondo alcuni esperti, favorire la diffusione del problema.

Sempre a proposito di infezioni e di piccoli esseri mostruosi, sembra che [finalmente] i responsabili dell'assegnazione delle prime frequenze per il WiMAX daranno notizie la prossima settimana.
Solo qualche mese di ritardo.. belle le vacanze, eh? Si tratterà di un'asta, come per l'Umts. Non si può neppure parlare di delusione, tanto era scontata la scelta.

Ieri ho terminato "Gli Spiriti non dimenticano", di Vittorio Zucconi, ricostruzione della vita di Thašųka Witko, Cavallo Pazzo.
Ero già rimasto affascinato dalla sua figura in precedenti letture. Questo libro non ha fatto che radicare ulteriormente certe convinzioni.

Ieri sera probabilmente ultimo falò della stagione all'Indian Trading Post.
Oggi il campo chiude. Credo persone e situazioni mi mancheranno molto, nei prossimi mesi. Grazie.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao stea. A proposito di parassiti non so se eri a conoscenza di questo:
Da "Buonanotte signor Lenin di Tiziano Terzani": «L’acqua ferma del bacino, quella tazza sporca che passa di mano in mano e di bocca in bocca mi fanno ripensare alle terribili condizioni igieniche di questa città prima della Rivoluzione, quando metà della popolazione era affetta da strane febbri e quando una orribile malattia, conosciuta come “il bubbone di Bukhara”, colpiva molti di quelli che, passando da qui, eran costretti a bere l’acqua del posto. I depositi contenevano una larva che, una volta entrata nel corpo umano, cresceva fino a diventare un verme a volte lungo fino a un metro e che nel giro di un anno cercava di uscire da qualche parte attraverso la pelle, creando un bubbone doloroso e purulento. Occorreva incidere il bubbone, andare a cercare la testa del verme ed estrarlo dalla carne pochi centimetri al giorno, facendo attenzione a che non si rompesse, perché questo portava all’avvelenamento e alla morte sicura del paziente. I barbieri di Bukhara erano diventati i grandi esperti di questa operazione».