31 dic 2006

Saddam

Quali vantaggi possono derivare dalle veloce esecuzione di un dittatore sconfitto?
La prima ipotesi che viene in mente è molto semplice: evitare che possa tornare al potere.
Era questo il rischio? No, per lo meno non nel breve periodo.

Risposte alternative possono essere:
- semplice vendetta
- volontà di mettere a tacere un ex capo di stato al corrente di faccende scomode
- evitare che, condannato ad una lunga pena detentiva, potesse fuggire
- impedire l'influenza sul processo di sviluppo della giovane democrazia irachena
- giustizia per i crimini commessi

La legge irachena prevede la pena di morte per il reato (solo una delle svariate carneficine) di cui è stato riconosciuto colpevole Saddam.
C'è da chiedersi se fosse giusto graziarlo?
No.
Potevano esserci delle ragioni per le quali sarebbe potuto essere utile, opportuno.
Ma no, non giusto.

Un processo serve a stabilire colpevolezza od innocenza di un imputato. Poi deve esserci una sentenza. Più processi, decenni di processi, come sciaguratamente siamo soliti fare in Italia, spesso non sono utili alla verità.
E questo purtroppo è un dato di fatto.
Ben vengano ora ulteriori indagini ed inchieste ufficiali.
La giovane democrazia irachena ha tenuto una lezione di diritto a cui tutti farebbero bene a prestare attenzione. In particolare la nostra lenta, inefficace e parziale magistratura.

Il mondo arabo è diviso fra chi santifica Saddam, e chi si rallegra del fatto che non sia più con noi.
Coloro che lo piangono, e vogliono farne un martire, sono gli stessi che potrebbero ora trarre i maggiori vantaggi dalla sua morte.
Per questo, forse, paradossalmente proprio agli Stati Uniti, sarebbe potuto convenire intervenire per evitare l'esecuzione.
Dopo la morte di Milosevic, un altro degli ultimi carnefici del XX secolo se ne è andato.

Nessun commento: